Forse ricordi il pupazzo giallo super testimonial dei jeans Levi’s. Ma come ha fatto un pupazzo a diventare una star?
Chi ha vissuto a cavallo tra gli anni Novanta e primi del 2000 ricorderà sicuramente Flat Eric, il pupazzo giallo diventato un vero e proprio cult a livello mondiale.
Nato come protagonista della campagna dei jeans Levi’s, ottenne un successo talmente grande che ancora oggi fa parte della cultura popolare collettiva, e basta pronunciarne il nome per richiamare alla mente la sua immagine. Era un pupazzo oggettivamente brutto, dinoccolato e con due occhi inespressivi che manco i criceti, ma tutto il mondo lo ha adorato e lo adora ancora oggi. Basti pensare che il suo merchandise è apprezzato dai collezionisti vintage e non solo da ogni parte del globo.
La storia di Flat Eric
Flat Eric esisteva ancora prima di diventare star degli spot della Levi’s, ma all’epoca era “solo” il protagonista dei video musicali di Mr Oizo, un produttore e dj francese conosciuto perlopiù nella patria delle baguette e in Inghilterra.
Si trattava di un pupazzo acquistato in un mercatino dell’usato che colpì all’istante il produttore della campagna pubblicitaria di Levi’s. Proprio quest’ultimo lo volle a tutti i costi inserire nelle pubblicità cambiandogli però il nome da Mr Oizo a Flat Eric, in modo che suonasse meglio a una platea internazionale.
Qualche piccola modifica qua e là al pupazzo per una questione di diritti di immagine ed ecco che Flat Eric era pronto: il suo creatore è stato nientepopodimeno che Jim Henson, il papà dei Muppet.
Mr Oizo non mise a disposizione della Levi’s solo il suo prezioso pupazzo ma divenne lui stesso direttore degli spot, esordendo come regista a 24 anni da quasi novellino. Ci sta quindi che le aspettative intorno a questi spot non è che fossero proprio così alte, anche a fronte anche di un budget abbastanza limitato e della presenza di un pupazzo brutto con lo sguardo da triglia.
Ciò nonostante, il successo della campagna dei jeans Levi’s schizzò alle stelle dopo la rotazione della pubblicità prima negli Stati Uniti e poi anche in Europa, dove nacquero dei siti fan di Flat Eric e il pupazzo divenne protagonista di programmi televisivi di culto. Il merchandise funzionò alla grande, tutti volevano il brutto pupazzo con gli occhi vacui da tenere in macchina o in cameretta, e tutti lo trovavano appetibile per qualche oscuro motivo.
Mr Oizo intanto, che scemo non era, cavalcò l’onda di questo successo depositando la colonna sonora degli spot Levi’s, ovvero il singolo Flat-beat, che vendette milioni di copie.
Tutto ciò avvenne perché in fondo questa macchina dei soldi era guidata dal carisma (?) di Flat Eric, protagonista del video e testimonial non solo dei jeans Levi’s ma della generazione di ragazzi di quegli anni, che trovò nel pupazzo giallo una nuova espressione di stile, attribuendo quindi al marchio Levi’s dei valori condivisibili e giovani, associati a un modo di fare spensierato e “cool”.
Negli spot Levi’s Flat Eric e il suo compagno umano Angel viaggiano per l’America in fuga dalla legge, su una vecchia macchina che pompa nello stereo proprio Flat Beat.
La faccia da farabrutto in effetti ce l’aveva. E pensare che il nome Flat Eric gli era stato dato perché negli spot si era immaginato di farlo finire con la testa schiacciata da una macchina (Flat, piatta, appunto)…alla fine si è avuto pietà di lui ed ecco il risultato.
Perché Flat Eric ha avuto successo?
Ma come può un pupazzo guadagnare questo genere di fama? Non è la prima volta che un pupazzo diventa famoso a livello mondiale, basta pensare a Kermit la rana. Protagonista del Muppet Show e icona pop, durante la sua anfibia esistenza è stato corteggiato dal cinema, dallo show business e dai salotti televisivi.
Ma se Kermit nasce come personaggio principale di una serie Flat Eric nasce per caso, strappato dalle pulci di una bancarella: perché ha conquistato tutti, perché è piaciuto così tanto al pubblico mondiale?
La sua popolarità è stata alimentata a dovere da ciò che gli ruotava attorno, dagli spot alla musica del suo creatore Mr Oizo e dal fatto che usare un pupazzo come testimonial poteva essere la risposta all’abbattimento delle barriere di genere, ma anche culturali e di pensiero perché insomma…a chi non dovrebbe piacere un pupazzo con la faccia scema che balla in modo scoordinato ed è così simpaticamente senza senso?
Il suo si è imposto come un successo nonsense e il nonsense non può non piacere, proprio perché non implica riflessioni che comportano una presa di posizione, o un indice di gradimento legato a caratteristiche specifiche di età, sesso, razza o preferenze varie ed eventuali.
Flat Eric piaceva a prescindere dai jeans che reclamizzava e dalla musica alla quale si accompagnava; è piaciuto come simbolo di una generazione che si è riconosciuta all’incredibile leggerezza che soltanto un pupazzo inanimato può esprimere.
In Italia ci fu una vera e propria ossessione per Flat Eric, complice la rotazione su Mtv nel video di Mr Oizo e gli spot Levi’s ma tutto il mondo ha risposto con interesse spropositato allo strambo pupazzo, che nella cultura di massa si è inserito in tutti i contesti possibili e immaginabili apparendo persino nella prima serie tv “The Office”, dopo aver conquistato un posto in cortometraggi e programmi a lui dedicati quando era all’apice del successo.
Oggi probabilmente l’idea di utilizzare un pupazzo per reclamizzare un prodotto non risulterebbe sorprendente o particolarmente originale.
Forse non doveva esserlo neanche all’epoca ma nonostante ciò l’eredità di Mister Oizo e Flat Eric è talmente ingombrante che ancora oggi basta incrociare i suoi occhi vitrei e pupazzeschi su una vecchia pubblicità per ricordarlo con affetto, come faremmo con un cugino scemo che non vediamo da tempo.