Tra i grandi personaggi che hanno animato la vivace storia della pubblicità moderna, Leo Burnett è sicuramente uno tra i più nomi più conosciuti e importanti. Il suo stile ha segnato la storia della pubblicità in America e ancora oggi i personaggi da lui creati sono conosciuti in tutto il mondo, come la famosissima tigre della Kellogg’s.
Chi era Leo Burnett?
Nato nel 1891 in Michigan, vive e lavora a Chicago dove fonderà la sua agenzia in seguito a diversi lavori per aziende come la Cadillac, in cui faceva il copywriter anche se di auto non ne sapeva granché. Quando fonda la sua prima agenzia nessuno è disposto a scommettere una lira sulla sua impresa e invece, nel giro di pochi anni, ecco che diventa un punto di riferimento imprescindibile per la pubblicità in America.
Burnett adoperava un metodo creativo tutto suo, così come era strettamente personale la sua interpretazione della creatività in ambito pubblicitario: preferiva il linguaggio semplice, con parole pensate per ficcarsi nella testa e restarci, e a tale proposito teneva una cartella chiamata “espressioni ovvie” in cui raccoglieva frasi tratte dai giornali che leggeva o sentiva dire in giro, in modo da tenerle sempre pronte all’uso nel caso in cui si rivelassero adatte per un claim o un bodycopy.
Proprio perché preferiva la semplicità, Burnett rifuggiva dal copywriting fatto di giochi di parole e pensieri intricati da decifrare; le sue idee traevano spunto dal sentimento popolare e dai pensieri comuni degli americani, perché ciò che una pubblicità aveva da dire doveva essere compresa da chiunque, a partire dagli uomini di strada.
Per Burnett una pubblicità funzionava quando era diretta e credibile, in grado di scatenare una risposta emotiva in coloro che la fruivano. Per questo utilizzava immagini in grado di evocare queste sensazioni, che mettevano in risalto il prodotto e il reale motivo per cui qualcuno avrebbe dovuto acquistarlo. La forza del prodotto era intrinseca al prodotto stesso e doveva emergere con naturalezza senza forzare il testo o complicarlo con giochi di parole o interpretazioni. Doveva essere una trovata chiara e concisa, l’anima del prodotto andava espressa in modo diretto e trasparente.
In un certo senso Burnett non creava la pubblicità: la vedeva.
Il suo immaginario era costellato di immagini e icone provenienti da ogni parte del mondo che lo guidavano ancora prima dell’analisi di mercato. Secondo lui il visual dominava la parola, per questo chiedeva ai suoi creativi di ricostruire archetipi visivi in grado di rassicurare e spingere all’acquisto. I team a cui Burnett affidava i progetti erano composti da persone determinate e gli stessi team si sfidavano tra di loro come in una gara, alla ricerca spasmodica dell’idea perfetta.
David Ogilvy, nel suo libro “La pubblicità”, spiega in tre punti il processo creativo attuato da Burnett quando lavorava:
- In ogni prodotto è insito un dramma, il pubblicitario deve scoprire qual è rappresentarlo attraverso un oggetto, un personaggio, un’immagine.
- Se arrivate fino alle stelle non è detto che riusciate a prenderne una, ma è però sicuro che non rimarrete con le mani sporche di fango.
- Immergetevi nel vostro progetto, lavorate come bestie e amate, onorate e seguite le vostre intuizioni.
Le immagini pubblicitarie di Burnett
Una delle caratteristiche principali dello stile visivo di Burnett sono le immagini, intese come fulcro della pubblicità. Ha inventato personaggi unici che rappresentavano in modo credibile il brand sponsorizzato, come se in qualche modo ne incarnassero l’essenza proprio come dicevamo qualche rigo più sopra. Tra questi ricorderai la tigre Tony dei cereali Kellogg’s, che tutti riconosciamo come unico e vero testimonial di quella specifica marca di cereali. La tigre, intesa come animale ma anche come personaggio, trasmetteva i valori del brand Kellogg’s legati all’energia e la forza di una colazione ricca e gustosa.
Un altro personaggio iconico di Burnett è stato Marlboro Man, creato per la pubblicità del noto marchio di sigarette Philip Morris. Era il 1954 e Marlboro, all’epoca, era un piccolo produttore di sigarette filtrate pensate – non ci crederai- per un pubblico composto da donne. È stato Burnett a cambiare completamente il target del prodotto, riposizionando le sigarette in un segmento di mercato maschile e dando il via a una svolta in cui l’intera campagna Philip Morris verteva su figure maschili/virili (almeno nell’immaginario collettivo dell’epoca) come boscaioli o cacciatori, ma soprattutto cowboy.
La figura del cowboy verrà ripresa in tutte le campagne, dando origine al famoso Marlboro Man, testimonial che incarna alla perfezione le radici dell’uomo medio americano e ne esprime il fascino, la forza e la virilità.
Fu proprio la campagna con Marlboro Man a decretare il successo di Burnett, che finisce così nell’Olimpo dei grandi pubblicitari. Grazie a lui Marlboro divenne la marca di tabacco più venduta prima negli stati Uniti e poi nel mondo intero.
L’agenzia Burnett oggi
Leo Burnett fondò la sua agenzia di Chicago nel 1935 e da allora l’attività non si è mai fermata, espandendosi prima ai mercati europei e successivamente fondando filiali in tutto il mondo, Italia compresa.
Tra i lavori più recenti, il riposizionamento del McCafè e diverse pubblicità per il McDonalds in Inghilterra, in America e in Italia.
Lo stile delle agenzie Burnett continua a seguire quello del suo fondatore: una pubblicità basata sul visual, dove il prodotto è al centro della scena e si esprime in qualità di testimonial di se stesso.