Proprio qualche giorno fa Netflix ha rilasciato il documentario su Wanna Marchi, che racconta la storia personale e lavorativa di un personaggio indimenticabile sotto tutti i punti di vista.
A chi fosse troppo giovane per conoscerla o ricordarsene consiglio la visione del documentario, interessante e ben fatto, che ripercorre la vita di Wanna dalla prima apparizione in tv alla consacrazione come regina delle televendite, fino ad arrivare all’epilogo della vicenda che conosciamo più o meno tutti.
Il documentario Netflix su Wanna Marchi ricompone i pezzi di quello che è stato uno dei personaggi indiscussi degli anni 80/90, una televenditrice diventata famosa prima per i suoi metodi di vendita a tratti aggressivi e “prepotenti”, e poi per la parentesi magico ascetica con Do Nascimento.
Se facciamo uno sforzo per passare oltre alle truffe e ai raggiri per i quali è diventata celebre, possiamo concentrarci sull’aspetto del marketing: Wanna Marchi ha creato un paradigma di vendita dall’efficacia impressionante, in un momento storico in cui non c’erano i social ad agire come casse di risonanza.
Volendo, potremmo definire il suo un influencer marketing, perché con il suo approccio deciso e impetuoso riusciva a fare leva su desideri e paure del pubblico, che in qualche modo si affidava a lei e le credeva: lo ha fatto quando vendeva alghe di bellezza, ha continuato a farlo quando è passata a talismani e numeri del lotto, raddoppiando successo e fatturato.
Il “Wanna Marketing”
Il modello di vendita di Wanna Marchi è di tipo aggressivo/persuasivo: all’epoca dei prodotti cosmetici, il suo target erano le donne desiderose di dimagrire; e allora ecco che Wanna vendeva alghe e creme rassodanti facendo leva sul concetto di grasso=brutto, e sulla paura più o meno inconscia delle donne sposate di perdere fascino (e marito).
La sua peculiarità era la sincerità brutale, urlata letteralmente davanti alla telecamera con la quale sembrava avere una confidenza assoluta. Si è affermata come venditrice grazie a un talento innato per la comunicazione, frutto di ciò che Wanna era come persona: una donna affamata di indipendenza, pronta a tutto pur di emanciparsi e prendersi cura dei figli.
La fortuna di Wanna Marchi è stata proprio essere se stessa.
Ed è buffo vedere che la regina delle truffe in qualche modo fosse sincera in quello che diceva, sebbene usando una modalità ortodossa un po’ politically incorrect (provate oggi a vendere un prodotto chiamando “grassa” la vostra potenziale cliente).
Emblematico il passaggio del documentario in cui racconta dello “Scioglipancia“, un prodotto da lei sponsorizzato ancora prima che esistesse. Sì, avete capito bene, Wanna Marchi ha venduto un prodotto senza mostrare neanche la confezione, solo un nome che poi, per ragionevoli questioni di mercato, è stato cambiato. E il risultato è stato una pioggia di chiamate per comprare, a scatola chiusa, un qualcosa con un nome orribile.
Chapeau.
Oggi le campagne pubblicitarie grandi e piccole si basano su una strategia e l’analisi del pubblico, costantemente monitorato per intercettare abitudini e preferenze, profilato nel tempo attraverso il retargeting. Wanna Marchi faceva retargeting senza avere a disposizione gli strumenti moderni, senza internet né tracciamenti in tempo reale, solo con i tabulati telefonici dei clienti e l’archivio dei prodotti venduti.
In base a queste informazioni capiva cosa vendere a ognuno di loro, li richiamava, se li riprendeva.
E ci riusciva, dimostrando di saper far leva su esigenze inespresse ma esistenti, lì, nella testa e nell’inconscio, dove nascono bisogni e desideri.
E ditemi voi se questo non è neuromarketing.
C’è da dire che guardando la prima parte della vita di Wanna Marchi, quella in cui vendeva prodotti cosmetici, c’è poco da contestarle: sicuramente il suo modo di fare risultava antipatico e a molti non piaceva, ma è innegabile che destasse interesse e riuscisse alla grande nel suo intento.
In fondo il principio su cui si basa il sistema di vendita è creare un’esigenza ancora prima del prodotto, e poi vendere il prodotto per soddisfarla. Poco importa la natura dell’esigenza; se ci sai fare, come si suol dire, puoi vendere anche il ghiaccio agli eschimesi.
Influencer marketing: il venditore che diventa prodotto
L’interessante spunto di riflessione che parte dal documentario su Wanna Marchi si collega quindi alle logiche di vendita di mercato da lei usate, che a ben pensarci sono le stesse odierne.
A cambiare sono i media utilizzati e gli strumenti che si sono evoluti, ora che queste strategie sono alla portata di tutti ma si trasformano in gallina dalle uova d’oro nelle mani di chi scopre il modo corretto di sfruttarle.
È chiaro che Wanna Marchi non ha inventato il marketing, ma negli anni ‘80 ha messo in atto una vera e propria rivoluzione che ha spianato la strada a chi è venuto dopo di lei, applicando le stesse logiche ai social.
Lo scopo di Instagram, Onlyfans e delle pubblicità che ci martellano la fava quando navighiamo su internet sono frutto del modello Wanna Marchi: ci mostrano ciò che cerchiamo e ciò che più o meno inconsciamente desideriamo. Ci danno l’illusione di sedare un bisogno più o meno temporaneo, catturano la nostra attenzione, fanno leva sui desideri istintivi come il sesso, l’eterna giovinezza, la ricchezza, il benessere.
E in questo contesto nascono e proliferano quelle figure che vendono letteralmente la propria immagine, il proprio tempo o il proprio corpo, fin quando diventano essi stessi prodotti.
E Wanna Marchi cosa c’entra con questo discorso?
C’entra perché, alla fine della storia è chiaro come l’unico prodotto che abbia mai venduto in tutta la sua lunga carriera sia in realtà solo uno: se stessa.
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