Carosello rese la pubblicità un evento seriale, trasformò le abitudini di consumo degli italiani e inventò personaggi iconici che tuttora ricordiamo
Carosello va in onda per la prima volta il 3 Febbraio 1957 sulla Rai (allora canale unico)ed era un nuovo format televisivo che trasformava le pubblicità in vere e proprie serie a base di sketch, jingle e slogan indimenticabili. Amato da grandi e piccini, Carosello era un appuntamento quotidiano e lo restò fino al 1 gennaio 1977, data dell’ultima puntata trasmessa.
Prima di capire perché e per come Carosello è stato un fenomeno di costume e una rivoluzione nell’ambito della pubblicità nostrana, è il caso di fare una breve panoramica sull’Italia degli anni Cinquanta.
Siamo negli anni appena successivi alla depressione del dopoguerra, all’alba del periodo storico in cui esplode il boom economico e crescono i consumi.
Gli italiani hanno un grande, enorme desiderio di godersi la stabilità economica e cedono volentieri ai sogni e alle suggestioni portati nelle case dalla “scatola magica”. Fino a metà degli anni Cinquanta la popolazione italiana era oltretutto composta in larga parte da agricoltori e casalinghe, dunque il livello di istruzione era basso; Carosello rivestì un ruolo importante anche dal punto di vista dell’istruzione, insegnando non solo la lingua italiana ma educando in qualche modo all’acquisto, mostrando la differenza tra beni di prima necessità e non e invogliando all’acquisto dei secondi.
L’Italia è cambiata durante Carosello e con Carosello; ma perché questo contenitore colorato piaceva così tanto, cosa aveva di speciale?
Carosello, un format innovativo
Carosello nasce come contenitore, appunto, di pubblicità che grandi menti creative come Luciano Emmer, Armando Testa e numerosi attori e registi famosi dell’epoca (qualche nome: Totò, Nino Manfredi, Renzo Arbore, Raffaella Carrà, persino Orson Welles) trasformarono in programma di intrattenimento.
Il successo di Carosello parte dalla struttura con cui è stato pensato sin dall’inizio, diviso in tre parti ben precise:
- sipario, la classica apertura seguita da una sigla riconoscibile (jingle);
- pezzo, ovvero lo sketch divertente o istruttivo attinente col prodotto da pubblicizzare (ma senza mai nominarlo in modo diretto);
- codino, ovvero la parte finale della durata di circa 30 secondi che costituiva il fulcro del messaggio pubblicitario; in questo segmento si nominava apertamente il prodotto e se ne elencavano pregi e utilità.
Oltre alla struttura tripartita che accomunava tutti gli sketch, l’appuntamento quotidiano sempre alla stessa ora contribuì a trasformare il programma in rituale: le famiglie si riunivano davanti alla tv per vedere Carosello tutti i giorni, seguire le avventure dei personaggi e lasciarsi accarezzare dall’idea, improbabile fino a qualche anno prima, di poter scegliere quando e cosa acquistare in base ai propri gusti e le proprie personali esigenze.
I personaggi di Carosello
I personaggi di Carosello sono entrati nell’immaginario collettivo, alcuni sono sopravvissuti anche dopo la chiusura del programma e sono entrati a tutti gli effetti nella cultura pop italiana. Come non citare Calimero, il pulcino nero testimonial del detersivo Ava (Ava come lava!) che ricordo aveva persino un cartone animato negli anni Novanta, e insieme a lui c’erano la fidanzatina Priscilla e l’amico Valeriano. Dimmi che non è stata una mia allucinazione, avevo persino i pupazzi che, ipotizzo, davano in regalo con il detersivo Ava?
Che poi oggi sarebbe super razzista vedere un pulcino nero diventare bianco dopo un lavaggio; sì, era questa la trama dello spot.
Se siete troppo giovani per ricordare Calimero di certo conoscete il logo di Bialetti, famoso brand di macchine da caffè. L’omino baffuto che compare insieme al nome del marchio nasce proprio dentro Carosello, come testimonial di una importante causa che da sempre sta a cuore a tutta Italia…fare bene il caffè!
E che dire di Susanna Tutta Panna? Se hai meno di 25 anni credo tu non sappia chi sia ma i Millennials ricorderanno i formaggini Invernizzi sponsorizzati in tv da questa bambina paffuta e gioiosa in stile cartoon che diceva Pitupitum-pa! e faceva sembrare il mondo un posto bellissimo al sapore di latte. Divenne così famosa da trasformarsi in merchandising, tra bambole, pupazzi gonfiabili, cartonati e chi più ne ha più ne metta.
Carosello, nonno del Content Marketing
All’epoca, ovviamente, non esisteva la nozione di marketing come lo intendiamo oggi, eppure possiamo affermare che Carosello è l’antenato del più moderno content marketing.
Questo a partire dalla definizione del ruolo del consumatore, profilato in modo tale da fornire alla vendita una direttiva precisa, con l’obiettivo di andare a sollecitare desideri piuttosto che limitarsi a rispondere alle necessità. I prodotti di Carosello infatti non erano beni primari, anzi, mostravano agli italiani la parte “leggera” del consumo, inclusa la possibilità di scelta nell’acquistare prodotti dalle funzioni simili ma presentazioni diverse.
Interessante vedere come la mission di Carosello fosse basata sulle tre “I”:
- Informare
- Istruire
- Intrattenere
Informare il consumatore sulle caratteristiche del prodotto con lo scopo di fidelizzarlo, attraverso una storia – narrazione che in base ai principi dello storytelling veicola valori ed emozioni. Infine, l’intrattenimento affidato ai personaggi che si muovevano ognuno nel loro specifico contesto, dando origine a siparietti simpatici su base seriale.
Per rispettare queste 3 I sono state usate delle strategie di comunicazione ben precise, a partire da un target super definito (la mamma, la casalinga, l’uomo, tutte segmentazioni che oggi sarebbero considerate poco inclusive o sessiste ma all’epoca permettevano di profilare un destinatario ben preciso a seconda del prodotto da vendere).
Lo storytelling diventa così lo strumento chiave per tenere alta l’attenzione di tutti i membri della famiglia, perché ognuno trovava qualcosa a cui prestare attenzione, un oggetto da desiderare. Che poi, Carosello era una vera e propria vetrina per le imprese: lo spazio era venduto per un milione e cinquecentomila lire (600 euro o giù di lì) ed era l’equivalente della pubblicità durante Sanremo, se volessimo fare un paragone con i tempi moderni.
All’apice della sua fama, intorno al 1976, Carosello riusciva a tenere incollati allo schermo fino a 19 milioni di telespettatori, perché rendeva la pubblicità una forma di intrattenimento fruibile da grandi e piccoli e con l’enorme capacità di catturare davvero l’attenzione.
Oggi siamo bombardati da pubblicità al punto che neanche le guardiamo più, eppure il consumismo dilaga.
Questo ci porta a una interessante riflessione sulla brand identity e la fidelizzazione; quando un brand si lega all’utente, quest’ultimo lo sceglierà non una ma tante altre volte. Possiamo dire che Carosello ha creato un legame tra pubblico e prodotto usando personaggi e storytelling come fanno le serie tv, e il risultato è che ancora oggi ce li ricordiamo.