Il rap storytelling di Murubutu, da studiare sui banchi di scuola
Quando ero una giovane pischella (ne è passata di acqua sotto i ponti, ahimé) ho iniziato ad appassionarmi al rap storytelling.
Tutto è iniziato con Eminem: mi affascinava il fiume in piena di parole che sputava fuori, le metriche e gli incastri e il suono di quelle rime che davano origine a qualcosa di sporco e al tempo stesso pulitissimo.
Inutile dire che capivo meno della metà di quello che diceva, e ammettiamo pure che da ragazzini era meglio non saperlo. Fatto sta che ho subito da sempre la fascinazione delle parole e le loro combinazioni, per questo lo step successivo è stato avvicinarmi al rap italiano, in un momento storico poco sospetto in cui era un genere di nicchia e col cacchio che passava in radio.
È stata la musica a farmi scoprire lo storytelling e farmi amare la scrittura, il potere delle parole portatrici sane di intenti, sentimenti, speranza.
La parola storytelling oggi è abbastanza abusata in ambito di marketing e per questo mi sta un po’ sul culo. Di per sé lo storytelling è l’arte di raccontare storie e i rapper – quelli bravi, almeno- sfruttano questa tecnica usando le rime, attraverso una scrittura complessa negli intenti ma chiara nell’esposizione dei contenuti.
Una roba a mio avviso potentissima e difficilissima, che richiede un vocabolario ampio e un orecchio allenato in termini di ritmo e assonanze, che entra in scena ancora prima di scrivere sul foglio o accostare le parole alla musica.
In Italia ci sono diversi artisti che usano il rap storytelling, così come ce ne sono stati tanti nell’ambito del cantautorato italiano che hanno fatto storia e ancora oggi sono fonte di ispirazione per la nuova scuola.
Nell’ambito del “rap”, anche se in realtà è improprio parlare di rap in senso stretto, uno dei migliori in circolazione è Murubutu, al secolo Alessio Mariani, detto il Professore.
Murubutu il professore (di nome e di fatto)
Docente di storia e filosofia al liceo Matilde di Canossa a Reggio Emilia, voce profonda, aspetto pacioso, Murubutu è un poeta contemporaneo, e non credo ci sia una definizione più appropriata per descriverlo. Non si può definire rapper né cantante ma una sorta di ibrido, un cantastorie dei nostri tempi nonché paroliere elegante, che viaggia e fa viaggiare raccontando storie e personaggi talmente vividi da sembrare stampati su pellicola.
Murubutu canta, incanta e insegna: nei suoi RAPconti ci sono storie di personaggi reali e inventati, avvenimenti storici, miti e leggende, distopie, viaggi nel tempo, lettere d’amore…in poche parole, c’è la vita che gronda come pioggia e soffia come vento per gonfiare le vele alle barche dei marinai.
Vita che passa attraverso nomi veri o fittizi e storie individuali che parlano al plurale per dimostrare come le storie di pochi sono in realtà le storie di tutti, in qualunque epoca ci troviamo. Lo stile di Murubutu è estremamente narrativo e meticoloso nelle descrizioni, grazie alla dovizia di particolari e la sinestesia dei suoi testi, in grado di evocare sensazioni sia visive che uditive.
Sensazioni che ci trascinano in viaggio nel tempo e nella storia, insieme a Markus ed Ewa subito dopo la caduta del muro di Berlino, o in prima linea a combattere con i romani della Legio V Fulminata. Non solo storie che riecheggiano dal passato, però; i RAPconti di Murubutu spaziano dai giorni nostri a futuri distopici in stile graphic novel, dove cade la Black Rain sulla città morta dimenticata dalla luce del giorno.
Come dice lui stesso in questa intervista, il Rap non è solo un genere musicale ma un mezzo potente per diffondere la cultura, attraverso storytelling di contenuto che abbiano davvero qualcosa da dire. D’altronde, il rap nasce come strumento popolare, utilizza le parole in rima come fa la poesia, gli schemi di incastri si fondano su rime baciate, alternate, assonanze, di recente anche su linguaggi sperimentali (vedi Tha Supreme o la trap, in alcuni casi chiaro retaggio di quello che negli anni ‘20 è stato il futurismo).
Infernum, il rap storytelling su Dante
Non è un caso che un paio di anni fa Murubutu abbia scelto di mettere in rima l’Inferno dantesco, raccontando le storie di alcuni protagonisti della prima cantica, opera monumentale e meravigliosa ma di difficile comprensione ai giorni nostri per via del linguaggio arcaico e desueto.
E per tornare al discorso del rap inteso come veicolo culturale, questo è esattamente ciò che rappresenta Infernum (in collaborazione con Claver Gold, un altro di cui parlerò in futuro). Si tratta di una rilettura in chiave moderna di Dante, esempio lampante di rap a cui è affidato il compito di avvicinare i ragazzi alla letteratura, alla storia, all’arte, a tutto ciò che si impara sui banchi di scuola. Spesso controvoglia, soprattutto per via di gap comunicativi e generazionali sempre più marcati.
Più andiamo avanti e più al nostro Paese mancano figure culturali di riferimento. Se una volta c’erano i poeti maledetti, i movimenti artistici, i letterati, i filosofi e i grandi autori che hanno fatto la storia, oggi i riferimenti culturali in Italia sono davvero pochi, e uno dei più grandi – Piero Angela – ci ha lasciato proprio di recente. E allora, forse, le nuove forme di comunicazione e gli strumenti per veicolare il sapere possono sfruttare correnti alternative e contemporanee come il rap?
Spero davvero di sì, e ben venga se i giovani imparano a conoscere ed apprezzare Dante a tempo di rap piuttosto che su una copia ingiallita della Divina Commedia.
I tempi cambiano, e per fortuna in mezzo al degrado del nostro periodo storico martoriato dalla vacuità dei social e dalla pochezza di contenuti c’è ancora qualcuno che si impegna per portare in giro la qualità.
Artisti come Murubutu -potrei citarne altri, e lo farò nelle prossime puntate – sono in grado di creare ponti generazionali ma non solo. Nel caso di Murubutu l’arte passa dalla musica alla letteratura e confluisce nel disegno, dal momento che i suoi RAPconti sono stati raccolti e illustrati da Roby il Pettirosso, mentre Infernum si è trasformato in un libro dal titolo “Dante a tempo di rap”, dove i testi vengono spiegati e contestualizzati.
Se non conosci Murubutu ti consiglio di ascoltare alcuni dei suoi RAPconti a mio avviso più meritevoli a livello di storytelling ma ti avverto: di solito schiattano tutti, prepara i fazzoletti.
- I marinai tornano tardi (da “Gli ammutinati del Bouncin’”)
- Scirocco (da “L’uomo che viaggiava nel vento”)
- Black rain (da “Storie d’amore con pioggia”)
- Le notti bianche (da “Tenebra è la notte”)
- Paolo e Francesca + Ulisse (“Infernum”)
Pensi che il rap di artisti come Murubutu abbia il potere di avvicinare le nuove generazioni alla cultura?
Parliamone